Giochi da spiaggia (piste per le biglie, entusiasmi e tragedie)


“Il sedere di Jessica è perfetto!!!” dicevano in coro tutti i maschietti fissandomi speranzosi.

Non che ne fossi contenta, però dovevo ammettere che sì, era vero, la larghezza del mio lato B tra tutti era quella ideale… per fare una meravigliosa pista a 8 per le biglie in spiaggia!
 E così, venivo gioiosamente trascinata per creare il nostro meraviglioso circuito! Che, devo ammetterlo veniva piuttosto bene. Non sempre le cose fatte col c*** vengono male J Quelli più impazienti, come me, avrebbero voluto giocare subito, ma i bambini ingegneri del gruppo calmavano i facili entusiasmi: prima bisognava bagnare tutto con l’acqua per rendere il terreno solido e i bordi andavano alzati e rafforzati, soprattutto in prossimità delle curve!

Uno dei primi tentativi fu con le meravigliose biglie di vetro. Quelle biglie erano merce rara e ambita, perché i veri fighi non le compravano, no, dovevamo vincerle con il temutissimo giochino del percorso al bar. Penso ricordiate tutti quel gioco dove mettevi dentro prima 200 lire, poi 500. Per giustificare tale cifra, agggratis ti usciva subito la gomma da masticare (ciunga, cicca, chicles, cingomma, gomma etc a seconda della provenienza geografica italiana) quella tonda fatta di colorante e mastice elimina otturazioni!
Poi iniziava la vera sfida, il percorso coi buchi dove bisognava arrivare alla fine per vincere la biglia.
Io, dopo cinque anni di onorata attività al bar dello stesso stabilimento balneare, avevo sviluppato una tecnica e quindi andavo a botta sicura! La più ambita era quella con quattro colori vetrosi danzanti al suo interno!
Solo che capimmo subito che tanto erano belle e magiche, tanto erano inutili per le gare: oltre a fracassarti l’unghia del dito (pollice, indice, medio o anulare per i più raffinati!) si piantavano nella sabbia e più cercavi di prenderle più sparivano inesorabili nel sottosuolo come Artax nella Palude della Tristezza (oddio meglio che non ci pensi, dato che, insieme alla madre di Bambi, è uno dei miei traumi infantili!)

No, le migliori erano loro, le uniche e inimitabili: le biglione di plastica coi ciclisti. Quelle bisognava comprarle. Fortunatamente c’era sempre il Bambino Patrizio (inteso come status economico sociale!) che ne aveva in abbondanza per tutti. E lì scattavano i litigi: c’era chi la voleva scegliere per colore e chi per ciclista. Io conoscevo solo Moser e quindi volevo assolutamente quella. Ma se il Francesco nazionale era su un biglione dal retro azzurro era finita, diventava super ambita.
Infischiandosene delle teorie del gender i maschi volevano a tutti costi rifilarmi quella rosa “perchèteseiunafemmina”, peccato che io, da bambina, detestassi il rosa! E quindi litigi litigi, io non gioco più, le biglie sono mie, io vi rompo la pista, tu sei scemo etc etc.

Finalmente si riusciva a giocare, io non vincevo quasi mai perché essendo in 450 alla fine mi rompevo le scatole ad aspettare il mio turno e arrivavo talmente carica che lanciavo delle stecche che facevano volare la mia biglia viola (avevo patteggiato) con su uno sconosciuto (che tanto si appannava dopo 10 minuti per il caldo) sempre fuori dai bordi. E discussioni infinite su dove la biglia dovesse rientrare.
Attimi di panico perché nel frattempo il sole si era spostato e la nonna di Davide di Milano voleva spostare la sdraio all’ombra e ci partiva metà pista. Poi i fratelli di Brescia dovevano fare il bagno perché la madre aveva detto che era ora. Il piccolo Filippo di non so dove iniziava a fare capricci e sclerare perché non aveva fatto il riposino e quindi s’innervosiva facile.
L’apocalisse della gara. Pista distrutta, biglie dappertutto, sabbia anche nelle mutande (soprattutto io!) e corsa a fare tutti il bagno che c’erano le onde belle.


Ripetere il tutto il giorno seguente. 

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